Procrastinare, essere riluttanti ad intraprendere nuove attività o relazioni personali, rinunciare a partecipare ad eventi sociali, rifiutare delle opportunità di lavoro…possono essere alcuni esempi comuni di condotte di evitamento causate dall’ansia, o meglio, dall’ansia eccessiva.

L’ansia è, infatti, una risposta adattativa all’ambiente, è funzionale al mantenimento di un comportamento e una performance adeguati alla situazione e possiamo sperimentare la sua presenza quotidianamente in gran parte delle nostre attività. Ma allora quando l’ansia dall’essere normale passa all’ essere un ostacolo e una causa di sofferenza? Per definizione l’ansia diventa patologica quando è eccessiva e irrazionale rispetto alla situazione, produce e mantiene distorsioni cognitive (errori di attribuzione, previsioni catastrofiche, idee ossessive) e si associa a un senso disagevole di apprensione e di tensione anticipatoria rispetto a una situazione considerata minacciosa. Questo determina a sua volta una sovrastimolazione del sistema nervoso e degli organi da esso innervati responsabile delle manifestazioni fisiche dell’ansia, che possono essere:

  • tensione
  • tremore
  • sudore
  • aumento della frequenza cardiaca
  • vertigini
  • nausea
  • formicolii alle estremità ed intorno alla bocca
  • derealizzazione e depersonalizzazione.

A causa di queste sensazioni spiacevoli l’ansia non resta solo una reazione agli stimoli dell’ambiente, ma assume anche un ruolo motivante rispetto al comportamento: infatti in questi casi siamo portati a mettere in atto delle condotte finalizzate a ridurre l’intensità del disagio. Il comportamento motivato dall’ansia è di tipo evitante. L’evitamento è una risposta comportamentale che ha lo scopo di sottrarsi dall’esporsi a situazioni, persone, eventi o sensazioni temute per evitare di affrontare l’emozione negativa che ci si aspetta in conseguenza. Quando ha successo, porta a una riduzione dell’ansia e quindi a un rafforzamento del comportamento stesso. Ciò vuol dire che il sollievo provocato dalla diminuzione di intensità dei sintomi fisici dell’ansia agisce da rinforzo, cioè “premia” il comportamento di evitamento che quindi avrà più probabilità di ripresentarsi in futuro. Questo innesca un circolo vizioso per cui l’evitamento mantiene l’ansia e l’ansia causa ulteriore evitamento.

Perciò l’evitamento può avere come conseguenza un graduale ritiro da attività gratificanti: come situazioni sociali, lavoro, studio, sport eccetera. Questa è una delle cause più comuni di sofferenza e di peggioramento della qualità della vita legate all’ansia. Intervenire per ridurre l’ansia patologica può aiutare a sperimentare nuove possibilità di azione e nuove strategie per fronteggiare le situazioni stressanti, e in definitiva ad adottare comportamenti che siano motivati dalle proprie preferenze e valori personali e non più dalla paura.

Psicologo: Dott. Federico Catozi