Lo spazio quotidiano e l’unità della coppia genitoriale rappresentano per il bambino una cornice ed un contenimento per la sua crescita e i suoi affetti, gli offre una necessaria esperienza di continuità in cui possa essere lui a cambiare mentre tutto il resto rimane stabile. Quando questa cornice viene improvvisamente a mancare, di contro, tutto rischia di diventare incerto ed il bambino potrebbe sperimentare un senso di confusione ed imprevedibilità rispetto a quel che lo circonda.

Spesso si pone il seguente interrogativo: davanti ad una separazione coniugale, è automatico che il bambino ne soffra? Non c’è nulla che automaticamente e a priori scatena uno stesso tipo di sofferenza, nulla che in maniera prevedibile possa far associare ad una causa un preciso effetto. A fare la differenza sono il modo e il tempo con cui avviene qualcosa all’interno della vita di una persona, sia essa adulto o bambino.

Quel che è sempre connesso alla sofferenza è il non-detto o la menzogna, anche se questi proliferano in nome “del bene” di qualcuno. Spesso, anche e soprattutto nei casi di separazione, si pensa che per “il bene del bambino” sia giusto omettere o mentire su alcune cose, quando in realtà per il bambino è importante avvertire che i suoi genitori non nascondano cose da dire. Quel che è davvero fondamentale per un figlio è che, benché separati, i suoi genitori continuino ad essere responsabili entrambi della sua vita. Tale responsabilità genitoriale si dimostra anche nel parlare chiaramente ai propri figli delle difficoltà che si affrontano e quali decisioni si intendano prendere a riguardo. Questo costituisce un momento doloroso ma necessario. D’altro canto spesso i figli, anche piccoli, sono più consapevoli delle conflittualità genitoriali di quanto si possa immaginare, nonché di ciò che i loro genitori stanno maturando in termini di decisioni e cambiamenti. In tal senso, un figlio è sempre ed inevitabilmente coinvolto nella separazione, la vive in prima persona anche quando viene tenuto all’oscuro di tutto. Il fatto di non essere interpellato non lo pone al riparo dalla sofferenza e dall’errore. Per non creare uno scompenso profondo nel bambino bisognerebbe farlo sentire autorizzato a parlare del problema che si sta affrontando. La separazione dovrebbe diventare una realtà condivisa ed è auspicabile che siano entrambi i genitori insieme a riportare tale decisione al proprio figlio. Anche nel caso in cui il bambino tende a tenersi fuori dalla contesa genitoriale, gli adulti che partecipano all’evento dovrebbero coinvolgerlo, non tanto nei loro problemi quanto nei suoi, sui timori che vive rispetto a quel che ne sarà di lui, dei suoi legami, delle sue angosce rispetto al cambiamento. Tuttavia, la consapevolezza di quel che il bambino sta vivendo deve essere raggiunta nei tempi e nei modi più idonei all’età e alla personalità del bambino stesso.

Il matrimonio comporta ormai una possibilità di interruzione che deve essere messa in conto senza che questo scateni il gioco della colpa, della condanna e del castigo. Minore è il senso di colpa, maggiore sarà il senso di responsabilità che acquisiranno i genitori. Riuscire ad ottenere una condizione, al tempo stesso, libera e responsabile è la finalità comune che unisce i membri di una famiglia al di là dei contrasti che li hanno separati e che rende possibile essere genitori anche quando si è cessato di essere una coppia, di essere coniugi. In terapia è possibile lavorare proprio su questi due poli: senso di colpa e responsabilità, affinché si possa ritrovare un armonico equilibrio dei legami familiari.

Il doppio binario del senso di colpa:

genitori …

La separazione coniugale mette spesso un genitore dinanzi ad un senso di colpa che origina dal fatto di prendere una decisione che comporta un’esperienza di perdita per il proprio bambino. Un genitore è naturalmente predisposto ad offrire protezione e rassicurazione al proprio bambino. Dovergli comunicare invece una decisione che implica inevitabilmente un senso di perdita, confusione ed instabilità scatena nel genitore il timore di provocare una ferita al proprio bambino e minare il senso di fiducia che nutre nei suoi confronti. Purtroppo non è possibile proteggere i figli dalla sofferenza che la conflittualità tra i genitori produce. Tuttavia, si può creare uno scudo che possa aiutare il bambino a fronteggiare questa inevitabile sofferenza, offrendogli una dimensione in cui la vita emotiva e relazionale possa migliorare rinnovando la stabilità e prevedibilità dei rapporti. Come riuscire in una tale impresa? Lavorando su se stessi, facendo un lavoro terapeutico che possa approfondire i legami familiari e gli aspetti che hanno portato alla separazione.

Il genitore può parlare al bambino di qualche cosa che gli procurerà indubbiamente dolore, ma che non deve per questo divenire un trauma silenzioso. L’omissione e la menzogna bloccano la dinamica evolutiva molto più della sofferenza. Nel caso della separazione, la durezza è negli eventi ed i discorsi possono solo preparare il bambino alle difficoltà che incontrerà e permettergli di vivere, per quanto possibile, non come oggetto della vita altrui ma come soggetto della propria. Il bambino comprende, al di là del contenuto del messaggio, che lo si considera una persona umana e che non si intende manipolarlo come un oggetto. La parola umanizza, mentre il silenzio o l’inganno animalizzano il bambino che ricorrerà, allora, ai sintomi (ad esempio vomito, tosse, aggressività, iperattività, comportamento disubbidiente, apatia, isolamento, insonnia, coliche, ecc.) per esprimere un disagio che non riesce a comunicare diversamente.

Quando il bambino riesce ad intervenire nella gestione della propria vita, quando viene autorizzato a parlare di quel che prova e pensa, i conflitti diventano formativi. In nome del diritto del bambino a diventare libero, autonomo ed indipendente si potrebbe sfatare l’assoluta difesa della tranquillità infantile perché, come ha affermato la psicanalista F. Dolto, “scopo di un bambino non è quello di essere felice, ma di diventare adulto”. I bambini sono più che mai capaci di accettare ed affrontare la realtà che vivono. Il fatto che la vivano prova che loro inconsciamente la accettano e la affrontano, ma bisogna parlarne affinché questa realtà diventi per loro conscia e sia umanizzabile. I conflitti non vanno evitati o nascosti, ma riconosciuti e resi formativi per la crescita del bambino. Spesso si sceglie di non affrontarli con i propri figli perché è innanzitutto a se stessi che si desidera evitare l’angoscia. Credere che loro possano non reggere la situazione spesso nasconde la fragilità del genitore stesso rispetto al non essere in grado di reggere quel dolore. Tanto più quando si crede di essere colpevoli di aver creato le condizioni della separazione coniugale. Da qui sottolineo, ancora, l’importanza che potrebbe avere una terapia orientata in tal senso.

Una situazione di conflittualità tra i genitori turba il bambino in modo altrettanto profondo della separazione. In un certo senso, la separazione permette di liberarsi dell’atmosfera litigiosa e apporta una soluzione anche per i figli. Per quest’ultimi la separazione spesso è una cosa misteriosa, ma non dovrebbe restare tale ed essere spiegata come un atto responsabile da parte dei genitori. È importante che al bambino passi il seguente messaggio: la separazione è un male minore, come un’operazione chirurgica che porta via quel che non vive più nel corpo, che era impegnato in un processo mortifero. Quando il clima di vita di coppia produce una sofferenza, quando muore il desiderio di continuare a mantenere viva quella coppia, obiettivo della separazione è far cessare quella sofferenza. Infatti, oltre ai pericoli che la disgregazione familiare potrebbe comportare, vi sono anche elementi positivi perché il figlio è sollecitato a rendersi autonomo, a contare sulle proprie forze. A patto che l’indipendenza appaia come una conquista piuttosto che come un’imposizione dovuta alla sospensione della responsabilità dei genitori nei suoi confronti.

… e figli

Il bambino si sente il centro del mondo, ha l’impressione di essere la causa di qualsiasi cosa. Quando accade qualcosa che lo fa soffrire, o che fa soffrire qualche altra persona, crede di essere stata lui a provocarla. Anche nel caso della separazione tra i genitori, il bambino può credere di esser stato lui a provocare tutto, farsene una colpa tanto grande da non sentirsi meritevole di amore e protezione. Da qui, qualunque rapporto sembra acquisire per lui un carattere di instabilità e inaffidabilità, incertezza rispetto al proprio valore e alla possibilità di essere amato.

È importante che i genitori, al momento in cui annunciano la loro intenzione di separarsi, dicano di non rimpiangere il fatto di aver messo al mondo il figlio altrimenti il bambino penserà che i suoi genitori rimpiangano tutto della loro unione, dato che vogliono allontanarsi l’uno dall’altro. Egli potrebbe credere che i suoi genitori annullino non solo loro come coppia, ma anche l’amore che nutrono per lui. Se non gli si spiega questo, se non gli si fa riconoscere che la relazione genitore-figlio segue dei percorsi unici e diversi da quella tra una coppia di adulti, potrebbe succedere qualcosa che altera il suo equilibrio profondo. Come spiega F. Dolto, “bisognerebbe evitare che il bambino sia indotto ad immaginare questo: siccome i suoi genitori non si amano più tra loro, allora non amano più in lui l’altro genitore”. Il bambino ha bisogno che ogni genitore gli dica: “non mi pento, perché sei nato tu! Questa sofferenza non è inutile perché tu rappresenti una vittoria di questa coppia”.

Conclusione

A fronte di queste complesse e delicate dinamiche, è consigliabile alle coppie che si separano usufruire di uno spazio professionale di supporto alla genitorialità, soprattutto di fronte alla sensazione di non riuscire a far fronte alla portata emotiva che questo avvenimento comporta per se stessi e per i propri figli.

 

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