“Stare insieme per amore o per comodità? Vivere o sopravvivere nelle relazioni ?
“Restiamo insieme per abitudine… non per amore.”
Molte coppie non stanno insieme per scelta consapevole, ma per comodità, paura del cambiamento o semplice abitudine. L’amore? Spesso è un lontano ricordo. Queste relazioni diventano gusci vuoti, zone di confort che alimentano passività, dipendenza e rassegnazione. Dove si baratta la felicità per un po’ di tranquillità temporanea.
Ne hanno parlato autori come Fromm, Bauman, Bowlby.
• Erich Fromm descrive l’amore come un’arte che richiede impegno e maturità: senza crescita reciproca, ciò che resta è solo attaccamento.
• Zygmunt Bauman, in “Amore liquido”, spiega come oggi le relazioni siano spesso fragili, tenute insieme non da legami autentici ma da convenienza emotiva o sociale.
• John Bowlby, con la teoria dell’attaccamento, ci ricorda quanto la paura dell’abbandono spinga molte persone a restare in legami disfunzionali.
Perché restiamo?
• Paura della solitudine
• Mancanza di autostima
• Pressioni sociali o familiari
• Comodità materiale o economica
• Ricatti emotivi (“senza di me non sei niente”)
Cosa succede, dentro di noi?
• Si sopravvive, non si vive.
• Si cede al compromesso, fino a perdere se stessi.
• Si diventa inetti, come anestetizzati.
• Si alimenta il circolo del “meglio questo che niente”, che è una trappola per la crescita personale.
Esempio pratico:
Mario( nome di fantasia)ha 40 anni. Da 10 è in una relazione in cui non c’è più dialogo se non quello routinario, non si litiga, ognuno è altrove, intimità nella media, rispetto sociale. Paga il mutuo, e’ presente ma con la mente assente e non si sono mai lasciati. Figli, bollette, feste, “ c’è di peggio”…Mario non è felice, ma teme che, da solo, non ce la farebbe a gestire tutto .Intanto la vita passa… e lui si spegne lentamente. “ forse il matrimonio è questo”, “forse non mi capisce perché non ci sono mai”, “ e’ una brava mamma e amica”.
Sara(nome di fantasia) 50 anni, mamma e moglie. Sì è sposata dopo i 30 (all’epoca nei limiti sociali), non è mai uscita dal suo paese di origine “tanto tutti i paesi sonouguali, qui ho i genitori”. Fa lavoretti vari, negli anni , passa da casa dei suoi a quella “coniugale”. Conduce una vita semplice e comoda. Tutto e tutti sono al proprio posto, anche i suoi ruoli. La figlia cresce e i suoi interessi no… ha più tempo per lei ma seppur desiderato.
Questo tempo vuole quasi arrestarlo. Che ruolo ho
Adesso? Tutti si sono spostati dalle “mensole” dei ruoli sociali prestabiliti e lei vuole che quella vetrina sia quella di una volta. Preferisce spolverare le vetrine, anche gli aloni degli oggetti persi, piuttosto che collocare collocarsi fuori dalla vetrina. Entra in terapia “per gli altri” …sta continuando per Sé.
Cosa fare?
• Inizia da te: chiediti “Chi sono io, davvero, fuori da questa relazione?”
• Riconosci i tuoi bisogni: affetto, rispetto, crescita.
• Affronta la paura della solitudine: è temporanea. La perdita di sé, no.
• Parla con uno psicologo: non devi fare tutto da solo.
• Ricorda: restare per paura è più pericoloso che andare via per amore di sé.
I legami passati servono a sapere chi non si vuole più di fianco e soprattutto chi si vuole essere.
I legami passano, l’affetto muta ma la vita si presenta ogni giorno.
Non rimanere dove ti stai perdendo. La vita non è un compromesso: è una scelta.
Bisogna “stare” nelle relazioni non solo “sostare”