“Solo quando ci rompiamo, scopriamo di cosa siamo fatti”

ZiadK. Abdelnour

Il Kintsugi è un’antichissima arte giapponese, ma soprattutto una filosofia, che risale alla fine del  XV secolo, caratterizzata dal gesto di ricomporre un oggetto in ceramica che cadendo si è frantumato in più parti. Letteralmente il termine è formato da due parole, Kin (oro) e tsugi (riparazione) e significa riparare con l’oro. Questa tecnica richiede tanta concentrazione e tempi lunghi, parliamo di settimane sino ad arrivare a mesi di lavorazione. Sarà certamente capitato ad ognuno di voi di rompere qualcosa, dopo un primo momento di rabbia e smarrimento, in genere il primo ed unico pensiero è quello di disfarsi dell’oggetto rotto, poiché è ormai senza valore, inutile perderci tempo.  Per i giapponesi non è così, nella loro cultura quell’oggetto potrà essere ricostruito semplicemente dando più valore alle sue fratture grazie all’inserimento di una resina naturale (della pianta Rhus) e di un metallo prezioso, come oro o argento. L’oggetto torna a vivere con una forma impreziosita da ramificazioni di bagliori che lo rendono unico. Questa tecnica, al di là del gesto manuale, che richiede tanta esperienza ha un significato molto più profondo dal quale tutti possiamo prendere spunto. Vi è una forte analogia con la vita di ognuno di noi, quest’arte incarna la metafora della fragilità umana, spesso ci si ritrova a dover raccogliere i cocci del nostro percorso terreno, poiché abbiamo ricevuto dei duri colpi che lasciano profonde cicatrici. Essere feriti, colpiti e finire in mille pezzi è quanto di più frustrante che l’essere umano possa provare, non dimentichiamo però che quel punto di rottura potrebbe essere il primo passo per una nuova rinascita. Raccogliendo e accogliendo le varie parti di noi abbiamo la possibilità di ricostruirci e rimodellarci dandoci una forma ancora più preziosa di quella precedente, una nuova struttura che metta in risalto le nostre fratture come elementi della nostra unicità. Credo che questo processo sia molto doloroso, ma forse è l’unica via per il cambiamento, accogliere i propri cocci e ricostruirsi è un percorso difficile, il risultato non è garantito e questo ci spaventa, ma in realtà la paura sarà presto offuscata dallo stupore.

Poter mostrare le nostre cicatrici, i nostri fallimenti non ci rende deboli, ma al contrario ci rende unici, preziosi. Questa visione potrebbe essere il perno anche nei nostri rapporti interpersonali, spesso interrompiamo rapporti perché qualcosa si rompe, ma in realtà l’altro ha fatto parte del nostro percorso di vita, è un frammento del nostro cammino, forse varrebbe la pena evidenziare la rottura dandole più valore e non semplicemente eliminando i cocci. La sofferenza può aiutare a reinventarci, ma spesso in occidente è solo vista come uno stato da evitare, forse perché la società ci obbliga a stereotipi vincenti, o magari è solo una questione di tempo, che scorre ad una velocità tale da non permetterci di fermarci a riflettere, cercando di dare nuova forma alla nostra vita.

Le esperienze dolorose vanno utilizzate per crescere, poiché è proprio l’averle affrontate che ci rende persone uniche e preziose.

            “L’oro che cola nelle ferite aggiunge valore a questo vaso rotto. E diventa unico e irripetibile. Se mi portassero altri cento vasi rotti, o mille, non ce ne sarebbero mai due uguali, una volta riparati con l’oro, perché ognuno avrà ferite diverse, ma tutti belli e preziosi.”

 

Autore 

Dott.ssa Micol Lucaselli-Psicologa

 

BIBLIOGRAFIA

Kintsugi. L’arte segreta di riparare la vita, Celine Santini, Rizzoli.

https://letiziaguagliardi.com/2021/08/01/solo-quando-ci-rompiamo-scopriamo-di-cosa-siamo-fatti/

Kintsugi: The PoeticMend– 18 febbraio 2021, BonnieKemske