Perché i disturbi gastrointestinali rientrano nell’area di interesse non solo della medicina ma anche della psicologia?

Perché non si può prescindere dallo strettissimo legame che vincola il corpo alla mente e viceversa. È necessario considerare l’individuo nella sua interezza, unicità e unità, un sistema integrato in cui le diverse funzioni concorrono a questa unità. Per questo la persona deve essere considerato secondo le seguenti dimensioni fondamentali: fisica, emotiva, mentale e sociale, in interazione tra loro e su cui si deve agire per raggiungere uno stato dei ben-essere. Nella mia esperienza clinica i disturbi somatici che più frequentemente lamentano i pazienti riguardano proprio quelli dell’ apparato gastrointestinale nelle forme di gastriti, frequenti nausee, disfunzioni del colon, ulcere, etc. Si rivolgono a me su consiglio del medico di famiglia o del gastroenterologo, oppure, chiedono un consulto per motivi considerati più prettamente “psicologici” e poi dall’indagine emerge anche questo tipo di problematica.

Qual è la motivazione per cui andiamo incontro a questo tipo di sintomi?

Il sintomo in generale che sia di origine psichica sia esso somatico, comportamentale o relazionale è sempre un’espressione di disagio, quindi ha lo scopo di comunicare a noi stessi e agli altri qualcosa del proprio mondo interno.

Tendenzialmente quelli di tipo somatico si hanno là dove non c’è modo di esprimere tale disagio in altre maniere più funzionali.

Le storie di queste persone, infatti, sono accomunate da una scarsa capacità di entrare in un Contatto profondo sia con l’altro che con se stessi (Sentirsi); da un non avere relazioni nutritive in cui poter ricevere ed assorbire qualcosa di buono per sé (sono generalmente persone che si prodigano in modo eccessivo per l’altro); dall’impossibilità di funzionare in modo morbido e, quindi, di poter sentire i propri bisogni, poter accogliere con amorevolezza le proprie fragilità ed il bisogno dell’altro, di cedere e di far sì che sia l’altro ad occuparsi di loro (sono, di solito, persone abituate a resistere e a fare tutto da sole). Sono storie di persone che non riescono a distaccarsi dagli altri e a ritornare nel proprio spazio, soprattutto perché non sentono di avere la Forza per poterlo fare; di persone che non riescono a far sentire le proprie ragioni, e quando ci riescono è

perché lo fanno nella rabbia o nell’agitazione, senza calma né determinazione; sono persone che non riescono a dire “no” a ciò che li opprime, a ciò che non vogliono, sono sopraffatte dal “doverismo”

Quale lavoro viene effettuato in questi casi?

Già iniziare un percorso psicologico è terapeutico di per sé, perché la persona fa un movimento attivo per prendersi uno tempo e uno spazio buono che si dedica finalmente solo per se stesso.

Ognuno ha i suoi vissuti e ogni persona è unica, quindi il mio intervento è calibrato sul singolo paziente, ma in generale in questi casi si lavora in maniera integrata e quindi su più livelli (lavorando sui pensieri, emozioni ma anche a livello fisiologico) per il ripristino delle seguenti capacità:

  • • LASCIARE le tensioni per recuperare forza ed energie;
  • • Aprire le SENSAZIONI e migliorare la PERCEZIONE della realtà e degli altri;
  • • ALLENTARE IL CONTROLLO per renderlo mobile e rigenerare la capacità di decidere;
  • • Recuperare il PIACERE come stato di profondo BENESSERE e armonia.
  • • TENEREZZA per poter accogliere le proprie fragilità
  • • FORZA nell’ottenere ciò che si desidera senza la Rabbia pervasiva

Concludo con un testo di Ada Luz Marquez:

Non fa male la schiena, fa male il carico. Non fanno male gli occhi, fa male l’ingiustizia. Non fa male la testa, fanno male i pensieri. Non fa male la gola, fa male quello che non si esprime o si esprime con rabbia. Non fa male lo stomaco, fa male quello che l’anima non digerisce. Non fa male il fegato, fa male la rabbia. Non fa male il cuore, fa male l’amore. Ed è proprio lui, L’amore stesso, Che contiene la più potente medicina.

 

© Copyright Psicologa dr.ssa Anna Spada