Oggi alla scuola abbiamo visto e discusso docufilm “La Moda Proibita” sul famoso couturier Roberto Capucci. Ottavio Rosati ci aveva già letto il racconto del progetto durato ben 7 anni. Un lavoro faticoso a livello esperienziale, emotivo ed economico che, per molti versi, può essere considerato un vero e proprio psicodramma per il gioco dei ruoli e la Spontaneità che ha costellato.

Il nostro compito di allievi era di trovare i raccordi, i conflitti e le differenze emotive, inconsce e sofferte tra il film e il racconto della sua produzione.

Per prima cosa, ho capito che produrre questo lavoro non è stato un lavoro semplice. Quando si racconta un’esperienza così avvolgente, personale e intrisa di soggettiva ed emozioni, c’è sempre il rischio di calpestare cristalli finissimi senza neanche rendersene conto.

Nel racconto che Ottavio ha letto ad alta voce emergeva la conflittualità del backstage che naturalmente non si vede nel film anche per ragioni temporali: sette anni sono quelli di una saga di Star Wars.

Nella narrazione emerge il desiderio di far conoscere la verità nascosta anche per rendere giustizia al lavoro fatto di tate persone a partire da quello del nostro tutor Francesco Marzano, che nel diario di lavorazione è chiamato Fresco. Una restituzione necessaria? Credo di sì. Forse più per Ottavio che per Fresco ma potrei sbagliarmi.

Questi sette anni nel diario ci sono tutti e rimangono impressi come verità descrittiva. A mio avviso, può rappresentare anche un limite narrativo perché la lunghezza degli episodi a volte lascia solo tracce mnestiche e non tutta quella parte episodica che rafforza l’importanza del nodo descrittivo che potrebbe perdersi nella lettura. In effetti, pensando a quello che abbiamo visto e sentito, si potevano sequenziare gli avvenimenti sotto-paragrafandoli con date e luoghi precisi, e perché no, descrivere persino un bilancio economico corrispondente dei vari anni trascorsi a girare. Ne sarebbe scaturito grande impatto comunicativo, presentare tutti gli aspetti coinvolti.

Ora però è il momento di analizzare il nostro pomeriggio formativo nei particolari.

Siamo tutti lì in semicerchio intenti a poter cogliere, ognuno con le sue esperienze, il suo vissuto le diverse interpretazioni quello che lentamente fluttua nei nostri occhi e nella nostra mente.

La cosa che ho cercato di annotare subito è questa grande assonanza con ALICE IN WONDERLAND. Si entra in un giardino lussureggiante e verdeggiante che richiama quel mondo e dove appaiono (con maestria di ripresa), questi abiti-scultura ripresi con dovizia di inquadratura; in particolare un abito blu-viola  ricorda Blu califfo  (il bruco di Alice) in procinto di  metamorfosi e da dove si innalzerà con le ali di farfalla verso il cielo azzurro.

 

 

Vedere questa esplosione nei colori degli abiti, fa viaggiare in mondi fantastici ed in luoghi veramente magici, dove Capucci entra con la sua storia, nata quasi per caso, con la sua passione e dedizione per il lavoro a cui ha dedicato tutta la sua vita. Forse sacrificandone quella del Capucci uomo.

Del resto, il suo è un Genio legato all’estetica e alla bellezza ma anche al movimento e originalità. I suoi abiti non sono solo abiti ma vere e proprie opere d’arte scultoree che lo hanno iconizzato e reso unico nel mondo come un vero Maestro dell’Alta Moda.

Il rosso è molto presente nei suoi abiti e nell’intervista mi ha colpito una sua frase esplorativa dove descrive  se stesso  prendere  un foglio e al suo centro mettere  un puntino che rappresenta il cuore e la passione da dove arriva il genio della  sua creazione. Questa sua immagine ha fatto rivivere l’idea di un altro personaggio di Alice: una Regina di Cuori determinata e allo stesso tempo pronta a tutto per perseguire quello che  desidera come un bisogno inarrestabile. Va detto che i suoi 90 anni sono portati benissimo!

Man mano che il film scorre, si intravedono le differenze con il testo narrativo: le immagini sono più empatiche a livello emotivo, perché ci mostrano la rappresentazione di una vita patinata, costruita e perfetta. Ma sette anni di lavoro possono essere descritti in un film?

È proprio questo il sentimento che non riesce ad emergere. Il lavoro, la passione e tutte le esperienze legate al mondo psicodrammatico costruito intorno all’Opera.

Sento il disappunto di trovare l’artista così autentico e radicato nelle realtà, penso che la sua umiltà dipinta non trovi quella tela originale descritta; forse deriva dal fatto che prima di una grande artista ci debba essere una grande persona senza ombre e dettami sociali precostituiti.

Detto questo nel nostro confronto siamo arrivati a conclusioni e opinioni differenti.

Ero pervaso da molte emozioni. I miei compagni hanno espresso le loro visioni ma la mia rimaneva notturna ma in previsione di una prossima alba.

Ho espresso le mie perplessità sul riporre questa grande considerazione all’uomo Capucci. Nessuno toglie la grandezza del suo genio creativo, ma effettivamente c’è riconoscenza in lui e nel Genio in generale? O no?

Nelle immagini si esalta la Bellezza, ma non vediamo gli angoli bui, le porte socchiuse con voci sussurrate e poco udibili, i corridoi con le esclamazioni caratterizzate da realtà quotidiana; non c’è forse la veridicità che va al di là di quello che è stato pazientemente e sapientemente sviluppato e costruito?  Un valore importante da tenere presente è il lavoro di organizzazione del produttore esecutivo Francesco Marzano.
Rosati ha narrato questa impresa nella sua interezza e nel suo tempo passato, presente e futuro per restituire a Fresco, e alla sua stessa parte Fresco, la sua importanza e i suoi meriti.

Nel confronto con il gruppo di studenti e tirocinanti, Ottavio, ha descritto e quindi riscritto questa storia rinarrandola. L’interconnessione fra la parte narrata e quella cinematografica si basa su aspetti reali, autentici e nascosti. A questo punto si potrebbe ripartire costruendo un altro docufilm che misceli quella parte essenziale con quella patinata e geniale. Oppure un film vero e proprio del genere del Cinema nel Cinema che ci ha dato opere come Effetto Notte di Truffaut, C’era una volta a Hollywood e Donne sull’orlo di una crisi di nervi.

Psicologo Dott. Luca Russo