L’ansia e la paura sono due risposte innate del nostro corpo ad una situazione di pericolo, sono considerate come un sistema di allarme, quando proviamo ansia o abbiamo paura, il nostro battito cardiaco aumenta e il sangue viene indirizzato ai muscoli per potergli permettere di essere pronti a proteggerci dal pericolo, nel caso in cui dobbiamo fuggire. Sperimentiamo la paura quando dobbiamo fronteggiare una minaccia imminente, mentre l’ansia, si scatena maggiormente quando vediamo una minaccia possibile nel futuro. Le persone si sentono, quindi, in preda ad un presagio inquietante di fronte ad un pericolo reale e specifico, viene così coinvolto il processo cognitivo, sviluppando una reazione emotiva. In effetti, tale emozione viene sperimentata quando si percepisce una minaccia ad uno scopo personale e più è importante lo scopo e altrettanto intensa sarà la paura; infatti le componenti della paura si intersecano su due assi: l’asse dell’intensità emotiva e l’asse del controllo cognitivo della minaccia, ovvero le possibilità che la persona ha di conoscere e prevedere il pericolo per salvaguardare la propria vita (James, 1996; Tigges-Limmer, Sitzer & Gummert, 2021).

Riconoscere l’ansia non è sempre semplice, ma ci sono alcuni indicatori che ci aiutano ad individuarla a partire da cambiamenti corporei, emozionali, di pensieri ed infine comportamentali, e possono essere diversi in ciascuna persona. Per quel che concerne i cambiamenti corporei troviamo alterazioni cardiache, aumento della stanchezza, della sudorazione, incremento delle cefalee ed emicranee, dolori gastrici e tremori. Mentre sul piano degli schemi di pensiero si riscontrano l’incapacità di concentrarsi, preoccupazione per la perdita di controllo e pensieri ripetitivi sulla minaccia; anche sul piano emotivo possiamo notare crisi di pianto, irritabilità e angoscia, tali pensieri, emozioni e sensazioni corporee hanno delle conseguenze sui comportamenti della persona che possono mettere in atto evitamenti situazionali ed iperattività (Dykens, 2003).

Le strategie che le persone attuano per cercare di sfuggire le situazioni di ansia possono essere complesse e difficili da individuare. Il processo che accomuna l’aumento dell’ansia è dato dalla tendenza a mettere in atto strategie di evitamento. Questo tipo di comportamento automatico porta ad un’immediata riduzione di ansia, quindi va ad alleviare nel breve termine questa sensazione spiacevole, ma nel lungo termine, tale stato aumenterà in quanto la persona non apprenderà come fronteggiare la situazione (Andrews, Creamer, Crino, 2004).

Gli individui rispondono alle reazioni emotive adottando strategie in grado di modificare flessibilmente l’esperienza emotiva, dette strategie di regolazione emotiva. Con tale termine, ci si riferisce all’insieme di strategie e comportamenti messi in atto dall’individuo per regolare l’emozione provata in un dato momento. Generalmente, pensando alla regolazione emotiva, si fa riferimento alla capacità di diminuire gli aspetti esperienziali ed espressivi di emozioni “negative” quali rabbia, paura e tristezza, ma anche le emozioni positive vengono regolate (Fonagy, 2010; Grecucci et al., 2016).

Tra le strategie di regolazione emotiva si può prendere in considerazione la ristrutturazione cognitiva, che consiste nel creare prospettive positive in una situazione stressante, per ridurre gli effetti negativi; il Problem Solving, ovvero il tentativo di cambiare una situazione ansiogena; l’accettazione con la quale si riferisce all’aspetto non giudicante dell’esperienza emozionale (Grazzani et al., 2015; ). Tramite una forma adattiva di regolazione emozionale, ovvero la rivalutazione cognitiva, si può avere la diminuzione di emozioni negative (Halperin E., Porat R., Tamir M., Gross J, 2013). Gli studi sulla regolazione emotiva suggeriscono che la rivalutazione cognitiva, ovvero la capacità di cambiare il significato di una situazione per modificare la risposta emotiva (Gross, 2008), potrebbe risultare efficace nel diminuire l’esperienza emotiva negativa (Gross & John, 2003; Richards, Butler & Gross, 2003).

Psicologa Dott.ssa Marta Granato