Le emozioni sono qualcosa che coinvolge tutto il nostro corpo, le iniziamo a sperimentare sin da quando siamo nella culla, anche se ancora non le abbiamo conosciute e non siamo in grado di attribuire loro un nome. Per gli esseri umani hanno una funzione di adattamento, sono la bussola interna che ci da informazioni su che cosa sta succedendo e motivano all’azione, è proprio grazie ad esse che siamo in grado di identificare i pericoli e dunque difenderci.

Includono una risposta fisiologica che può tradursi nell’aumento del battito cardiaco, nell’intensificazione della sudorazione, in un incremento della pressione sanguigna, nella comparsa del rossore in viso… (Matarazzo & Zammuner, 2009).

Le emozioni principali sono gioia, tristezza, rabbia, paura, disgusto e sorpresa e si possono considerare come risposte innate che coinvolgono il corpo e la mente e che risentono anche della cultura di appartenenza. Esse prevedono anche una componente più cognitiva che è quella che interviene valutando lo stimolo esterno o interno che ha comportato la comparsa dell’emozione stessa. Esistono poi le emozioni secondarie, denominate anche sociali, che sono quelle che provengono dalla combinazione di quelle primarie e che vengono apprese quando si è più adulti. Servono per favorire la cooperazione e la coesione nei gruppi, favorendo l’integrazione. Tra queste vi è il senso di colpa e la vergogna, che risentono anche dell’educazione che si è ricevuta (Ledoux, 2014).

Quando l’intensità dell’emozione diventa eccessiva o quando non riusciamo a riconoscerla si corre il rischio di rimanere in balia di essa.

Dare un nome alle emozioni è il primo passo per comprendere il loro valore e attribuirne un significato, permettendoci dunque di preservare il controllo su noi stessi. Alle volte le emozioni vengono vissute come esperienze intense e si configurano come tali perchè subentrano aspetti del nostro passato che fungono da amplificatori delle stesse. La psicoterapia può aiutarci a mettere a fuoco questi fattori di vulnerabilità, aumentandone la consapevolezza e di conseguenza agendo da fattore di protezione verso eventuali disregolazioni emotive. L’ascolto del proprio corpo diviene dunque quanto permette alla persona di entrare in contatto con il personale mondo emozionale, sia quando esso è caratterizzato da coloriture positive sia quando esso è caratterizzato da vissuti negativi, cogliendone le varie sfumature e aiutando l’individuo nella lettura di quanto sta accadendo, con l’intento di orientarlo.

La rabbia è una emozione dolorosa che nasce da una profonda sofferenza interiore, spesso è sperimentata da persone che sono particolarmente sensibili alle esperienze di perdita/rifiuto/abbandono e rischia di comportare una lettura distorta degli eventi. Quanto è importante sapere è che non è l’evento in sè che ci fa arrabbiare, ma l’interpretazione che diamo all’evento stesso e che dunque la conoscenza delle nostre esperienze passate può aiutarci a spiegare il motivo per cui reagiamo così nel presente (Chodron, 2002).

 Che cosa si può nascondere dietro l’emozione rabbia?

-vergogna->percezione di minaccia verso la propria immagine pubblica

-depressione->percezione di un fallimento che arriva come irrimediabile

-senso di colpa->percezione di violazione di norme morali

 Come è possibile affrontare la rabbia?

-fare uso di una comunicazione assertiva che permetta di definire meglio i nostri confini, non permettendo all’altro di invaderci

-ascoltare in modo accurato i propri bisogni, chiedendosi in che cosa ci siamo sentiti calpestati e prendendone consapevolezza

-accogliere la rabbia come una emozione legittima ma senza lasciarci invadere da essa, cercando di evitare di negarla o agirla, ma utilizzandola come una bussola interna che ci orienta verso i nostri obiettivi in modo costruttivo

-agire sui propri schemi cognitivi (irrazionali) che possono essere responsabili dell’attivazione di questa emozione, cercando di ipotizzare quelle che potrebbero essere delle letture diverse della realtà esterna.

 

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