L’adolescenza è un periodo di profonde trasformazioni: corpo, emozioni, relazioni. In questa fase i ragazzi spostano gradualmente i loro bisogni di attaccamento dai genitori ai coetanei: un passaggio naturale, che permette loro di crescere e sperimentare autonomia.

Per i genitori, però, questo distacco non è sempre semplice: può generare spaesamento, ansia o la sensazione di essere esclusi. Alcuni rischiano di essere troppo presenti (accudendo senza realmente guidare), altri troppo distanti.

Quando un genitore chiede aiuto per un figlio adolescente, questo è un segnale importante di responsabilità. Tuttavia, non basta. L’adolescente ha bisogno che gli adulti sappiano:

  • valutare i rischi reali,

  • comprendere il contesto relazionale in cui vive.

Spesso gli adulti sottovalutano i pericoli, mentre i ragazzi mettono alla prova i confini con comportamenti che sfidano la relazione.


Come parlare davvero con un adolescente

Un buon dialogo non nasce da prediche o giudizi, ma da riconoscimento e ascolto.
Alcune regole d’oro:

  • mostrare interesse per ciò che pensa,

  • valorizzare i suoi argomenti,

  • ammettere i propri limiti,

  • evitare giudizi o reazioni scandalizzate,

  • entrare nel suo mondo, prima di chiedere che esplori il nostro.

Quando un ragazzo si sente accolto e stimato, anche gli errori dell’adulto diventano recuperabili.


E se provoca?

Gli adolescenti spesso mettono alla prova. Alcuni costruiscono la propria identità su etichette negative (“sono cattivo”), perché nessuno ha mai riconosciuto il loro valore. In questi casi, lodarli come “buoni” può essere percepito come una minaccia: meglio trovare modalità alternative per riconoscerli senza minare la loro fragile identità.

Con adolescenti difficili, punizioni e minacce raramente funzionano. Strategie di “spiazzamento” (come separare il comportamento sbagliato dal compito da portare a termine) aiutano a non cadere nella trappola della contrapposizione e a mantenere viva la relazione.


La chiave

Il dialogo con gli adolescenti non segue percorsi lineari né soluzioni universali: richiede flessibilità, strategia e un costante riferimento al contesto relazionale in cui il ragazzo è inserito.

Non esiste “l’adolescente isolato”: esistono adolescenti dentro famiglie, reti sociali, comunità. Intervenire significa occuparsi non solo del singolo, ma anche degli adulti che lo accompagnano e dei messaggi che trasmettono.

🎯 Il vero obiettivo? Aiutare gli adolescenti a crescere senza perdere il senso di appartenenza, imparando a bilanciare autonomia e protezione.

Psicologa Dott.ssa Laura Della Torre