L’ansia è una risposta fisiologica del nostro organismo a una situazione di pericolo, di allarme oppure emerge in seguito a una situazione da risolvere. Vi sono delle condizioni nelle quali l’ansia diventa disfunzionale e quindi patologica: tale condizione è caratterizzata da preoccupazioni persistenti ed eccessive. Quindi la risposta di ansia diventa sproporzionata e irrealistica rispetto alla situazione e si accompagna a una serie di sintomi emotivi, fisici e cognitivi che risultano invalidanti per la persona.  In buona sostanza, l’ansia perde la sua funzione adattiva, in quanto non favorisce più un efficace rapporto con l’ambiente, ma provoca al contrario una condizione di disadattamento verso l’ambiente.

La quantità di ansia esperita è il risultato di un rapporto: la percezione di un individuo di uno stato di allarme e il senso di auto-efficacia della persona, ovvero la percezione delle sue capacità di controllare quell’allarme. Quindi possiamo dedurre che non è tanto la situazione in sé a farci sentire ansiosi ma come noi la percepiamo. Ciò che fa insorgere un disturbo è quindi come interpreto la situazione (valutazione cognitiva della situazione) come la elaboro, più la predisposizione biologica.

Un esempio di ansia disfunzionale molto diffusa è l’ansia da prestazione. È sostenuta da sentimenti di inadeguatezza, di fragilità, di non riuscita verso una prestazione scolastica, lavorativa o sociale. Facciamo alcuni esempi di prestazione: un esame, una verifica, un concorso, una specifica richiesta lavorativa, parlare in pubblico o anche uno specifico contesto sociale. L’ansia in tali contesti si associa alla paura di non raggiungere il risultato sperato e determina l’insorgenza di ideazioni spropositate come perdere la stima di qualcuno, essere un fallimento, non valere abbastanza, essere giudicato dagli altri come incompetente. Entra in gioco una spirale che si autoalimenta, in quanto a fianco a tali ideazioni si insinuano una serie di idee irrazionali come “Devo essere perfetto” o “Ho valore solo se ottengo certi risultati”, che determinano nella loro rigidità un aumento dell’ansia.

Comportamenti che spessi si possono osservare in tale circostanza sono l’evitamento o il procrastinare. Evitare la situazione che ci genera ansia, può determinare un immediato sollievo ma nel lungo termine si osserva un aumento della preoccupazione per la situazione stessa, che porterà nuovamente ad evitare tale situazione. In egual modo, rimandare una decisione di affrontare una certa situazione o un problema fino a quando non ci si sente pienamente pronti, può nascondere un perfezionismo assoluto che difficilmente si può raggiungere per davvero, con la conclusione di rinunciare quando non ci si sente perfettamente preparati.

 

© Copyright|Psicologa | Dott.ssa Roberta Occhiuto